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La lingua armena

L'armeno è una lingua indoeuropea che costituisce un ramo a sè stante nell'ambito di questo gruppo di lingue, nessuna delle quali assomiglia all'armeno.

Alcuni studiosi ritengono che l'armeno sia molto simile alla lingua frigia, attualmente estinta. È stata anche suggerita una somiglianza con il tocario. Tra le lingua moderne, il greco è considerato la lingua più prossima all'armeno, il quale, inoltre, contiene molti prestiti dal persiano (che, a sua volta, appartiene alla famiglia indoeuropea).

Data la presenza di molte parole prese a prestito in tempi antichi dal persiano, l'armeno è stato per lungo tempo ritenuto un dialetto iranico. Attualmente è parlato dagli armeni che vivono in Turchia e in Armenia, nonché negli insediamenti armeni del Medio Oriente, dell'Iran e dalle molte comunità armene presenti in Europa e negli Stati Uniti.

Le origini della lingua parlata potrebbero risalire a prima del I millennio a.C., ma non esistono testimonianze scritte anteriori all'introduzione del cristianesimo. È noto che l'armeno sostituì le lingue precedenti della regione storica armena almeno prima del VII secolo a.C. e da quelle lingue potrebbe avere subito influenze.

Tra i fattori di unione e di identità del popolo armeno va annoverato senz'altro l'alfabeto, meraviglioso strumento - che gli Armeni considerano divino perché elargito loro da Dio - ancor oggi ammirato dai linguisti per la sua funzionalità. È stato proprio l'alfabeto che ha consentito agli Armeni di conservare nel tempo la loro lingua e i loro testi. Senza l'invenzione, o meglio la creazione dell'alfabeto armeno, la cultura armena non avrebbe potuto certamente essere tramandata. È forse questo il motivo per cui gli Armeni sono così profondamente legati al loro alfabeto, unitamente al fatto che esso è stato creato appositamente ed esclusivamente per la lingua armena: non fissa, infatti, nessuna altra lingua al di fuori di essa.

L'alfabeto armeno consta di 39 lettere ed è stato inventato all'inizio del V° secolo d.C. (tradizionalmente, nell'anno 404 ca.), da un monaco di nome Mesrop Mashtotz. Dopo una lunga ricerca, segnata anche da insuccessi, dopo patimenti, suppliche e preghiere rivolte a Dio, la richiesta del monaco fu esaudita. Nel momento culminante della sua ispirazione il santo Mesrop vide "non un sogno nel sonno, né una visione nella veglia, ma nel laboratorio del suo cuore, una mano che, apparendo agli occhi dell'anima, tracciava le lettere...". Nacque così l'alfabeto armeno, che un altro scrittore del V secolo, Koriwn, discepolo prediletto di Mashtotz e suo biografo, ha definito astuacapargew, cioè "dono di Dio".

L’invenzione dell’alfabeto diede all’Armenia una nuova rinascita culturale - il V secolo è considerato “il secolo d’oro”, dedicato alla traduzione, in particolare modo alla traduzione delle Sacre Scritture, della Bibbia, chiamata “Regina delle traduzioni”.

Gli scrittori dei secoli successivi furono autori di testi riguardanti sia i temi trattati nel periodo precedente come pure , la matematica (Anania Shirakatsi), la medicina (Mekhitar Heratsi, Amirdovlat Amasiatsi), il diritto (Mkhitar Gosh) e la botanica. Fu molto ricca la poesia, di natura principalmente religiosa, ma in seguito anche profana. E' del X secolo Gregorio Narekatsi, il maggiore poeta armeno ed uno dei più grandi mistici della Cristianità. Dell' XI secolo è S.Nerses Shnorhalì, poeta, teologo e musicista.

La lingua armena usata nel Medio Evo viene anche definita "grabar" o lingua dei libri rimase, pur con qualche cambiamento, la lingua letteraria fino al XIX secolo. Nel frattempo la lingua parlata si sviluppò indipendentemente; nacquero molti dialetti, non tutti mutuamente comprensibili. Nel XIX secolo un movimento nazionalista condusse allo sviluppo di due dialetti letterari moderni leggermente diversi, più vicini alla lingua parlata: l'armeno orientale (lingua ufficiale della Repubblica armena) e quello occidentale. Tuttavia in Armenia, alla vigilia della seconda guerra mondiale, si parlavano ancora circa cinquanta dialetti diversi.

L'armeno è particolarmente amato e considerato dai glottologi, che talvolta trovano proprio in esso la chiave di volta per le loro ricostruzioni linguistiche. 

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